Dopo la “bomba” Ilva ne è scoppiata un’altra destinata a fare molto rumore diventando l’ennesima grana per il Governo già alle prese anche con il Dossier Alitalia, solo per ricordare i temi più caldi attualmente all’attenzione dell’esecutivo.
Nella giornata di ieri Unicredit ha presentato il nuovo Piano industriale Team 2023: la banca di piazza Aulenti prevede di raggiungere i 5 miliardi di utili nel 2023, ma i numeri che vengono diffusi diventano ben presto una doccia freddissima per dipendenti del gruppo bancario. In scia di quanto già fatto dal Transform2019, il Ceo Jean Pierre Mustier annuncia, infatti, tagli per 8 mila lavoratori, tra Germania, Austria e Italia. Oltre alla chiusura di 500 filiali.
Gli 8.000 tagli del personale si concentreranno soprattutto in Italia, Germania e Austria, dove il personale verrà ridotto complessivamente del 12% e verrà chiuso il 17% delle filiali. E sembra proprio che il nostro Paese sia destinato a pagare dazio, sostenendo la parte più consistente degli esuberi: degli 1,4 miliardi di euro di costi di integrazione stimati per la loro gestione, infatti, 1,1 miliardi riguarderanno l’Italia (pari al 78% del totale) e solo 0,3 miliardi l’Austria e la Germania. Secondo fonti sindacali, questo significa che i tagli da gestire in Italia saranno 5.500/6000 mentre le filiali chiuse 450.
L’IRA DEI SINDACATI – Non si fa attendere il commento dei Sindacati che promettono di dare battaglia. “Diciamo no e diciamo basta. Il lavoro non può essere considerato una merce che si prende quando serve e si butta quando fa comodo”. Così il leader Cgil Landini che replica senza giri di parole: “Non possiamo accettarlo.Il governo non può accettarlo. Prima di aprire un gravissimo conflitto, Unicredit riveda tutto e discuta con il sindacato”, aggiunge.
“Come Unicredit – prosegue il leader della Cgil – ci sono decine di imprese sane che licenziano senza giustificazione. E centinaia di imprese hanno necessità di una politica industriale che le aiuti a uscire dalle secche di una crisi che non passa, anzi che si aggrava. Ilva, Alitalia, i lavoratori LSU, Auchan, Mercatone Uno, Bekart, Whirlpool, e potrei continuare a citare una a una le oltre 160 situazioni di crisi all’attenzione del governo. Il governo agisca e faccia in fretta. Cambi le leggi sbagliate, a cominciare dal jobs act e dalle norme sugli appalti. Faccia politica industriale, sblocchi gli investimenti”, conclude Landini.
Di fronte al nuovo piano industriale, molto critica anche la Federazione autonoma bancari italiani (Fabi). “Nel nuovo piano non è prevista alcuna assunzione e Unicredit è una banca nella quale le lavoratrici e i lavoratori hanno già fatto molti sacrifici: gli 8.000 esuberi inseriti nel nuovo piano industriale si andrebbero ad aggiungere ai 26.650 posti di lavoro tagliati a partire dal 2007. Stesso discorso per gli sportelli: ne sono stati chiusi 1.381 e Mustier ne vorrebbe chiudere altri 500, recidendo ancora di più il rapporto con la clientela e il legame col territorio”
Queste le parole del segretario generale Lando Maria Sileoni secondo il quale “La banca è destinata a galleggiare col rischio di essere mangiata al primo passaggio di squalo” mentre si dice anche “pronto a confrontarmi pubblicamente, anche in uno studio televisivo, con Mustier e chiedo alla politica di intervenire nell’interesse del Paese”