(Teleborsa) – I conti dormienti non sono riserve pubbliche e come tali non possono essere usati sia per fondo banche che per altri provvedimenti. È quanto ha stabilito la Sezione centrale di controllo della Corte dei conti nella sua relazione riguardante il fondo istituito ai sensi della legge 23 dicembre 2005, n. 266, il cosiddetto “Fondo dei rapporti dormienti“.
Secondo i magistrati contabili, tali conti non possono essere considerate riserve pubbliche a tutti gli effetti “perché possono essere reclamate dagli aventi diritto (titolari o successori mortis causa) entro il termine di prescrizione ordinaria decennale attraverso una procedura di accertamento essenzialmente priva di profili discrezionali”.
La Corte dei Conti ha stabilito che è “incongruente la circolare del Mef con cui si è disposto che il termine prescrizionale per la restituzione degli importi dei conti dormienti agli aventi diritto inizia a decorrere nuovamente dalla devoluzione delle somme dei rapporti estinti all’entrata del bilancio dello Stato”.
“Le risorse congelate per un tempo indefinito hanno arrecato un doppio danno per le vittime sia in termini di frode subita che di aleatorietà nel risarcimento. A tal proposito – rilevano i magistrati contabili – è auspicabile un intervento normativo chiarificatore“.
Inoltre, “l’ingente costo, che incide sul fondo, sostenuto per il personale dalla concessionaria Consap, non è apparso giustificato in relazione sia al numero delle unità annualmente assegnate, sia alla relativa percentuale lavorativa, anche attesa la mancanza di una peculiare caratteristica tecnica”.
“Gli obblighi di indennizzo previsti dalla normativa più recente, finalizzata alla tutela dei risparmiatori che hanno subìto un pregiudizio economico da parte delle banche finite in default, impongono un notevole impegno dell’amministrazione finanziaria nel darvi compiuta attuazione, al fine di non reiterare le criticità rilevate nella gestione del Fondo istituito nel 2006”.
Secondo la Corte dei Conti, una “cospicua parte di tali proventi” è stata usata “per altre finalità come la social card, la ricerca scientifica, Alitalia, il fondo di ristoro finanziario, Fir)”.
La Corte dei Conti conclude che “sui rapporti potenzialmente dormienti è necessario dare vita, anche attraverso l’utilizzo dell’anagrafe tributaria, a una serie di action plan per rafforzare le attività di riscontro dei decessi e l’identificazione e ricerca dei beneficiari al fine di escludere l’ipotesi di ‘dormienza’”