(Teleborsa) – Oltre 16 miliardi di multe dal 2012 al 2018 hanno colpito le banche europee, accusate di riciclaggio di denaro e violazione delle sanzioni commerciali imposte dagli Usa, principale area in cui è avvenuta la parte più cospicua delle violazioni, di cui il 75% giudicate direttamente dal Dipartimento di Giustizia. Anche nel Vecchio Continente le autorità di sorveglianza hanno intensificato i controlli in merito negli ultimi anni rispetto a quelli effettuati in passato, con sanzioni storiche che hanno colpito il mondo bancario che ha visto ripercussioni anche in ambito di credibilità e reputazione.
A renderlo noto il report firmato Moody’s intitolato “Le costose minacce del riciclaggio di denaro sporco e delle violazioni delle sanzioni economiche”. Esempio più eclatante riportato dal documento, e multa più salata di sempre, quella che nel 2014 si è abbattuta sull’istituto francese per ben 8,9 miliardi a causa della violazione da parte della banca dell’embargo commerciale e finanziario imposto dagli States contro Cuba, Sudan e Iran.
Subito dopo, sul podio delle contravvenzioni a nove cifre, con 1,9 miliardi di dollari di penale, svetta il colosso britannico , accusato di aver facilitato il riciclaggio di denaro dei narcotrafficanti messicani e aver violato le sanzioni economiche contro Birmania, Libia, Sudan e Cuba. Terzo classificato, l’istituto tedesco che nel 2015 si è visto costretto a sborsare 1,45 miliardi di dollari nelle casse di cinque agenzie statunitensi per aver facilitato transazioni finanziari con paesi posti all’interno della Black List americana.
Il caso di maggiore rumore in Italia ha colpito invece la banca paneuropea , la quale ad oggi si appresta a versare alle autorità oltreoceano circa 900 milioni di euro per tirare giù la saracinesca sull’inchiesta del 2011 che vede coinvolta la sua controllata tedesca Hypovereinsbank in alcune transazioni effettuate nel decennio precedente con società iraniane sotto embargo.
Ma se si analizza la disciplina dell’antiriciclaggio in senso stretto, la sanzione più severa l’ha avuta l’olandese , multata per 915 milioni di dollari sei mesi fa. Di questi, 800 milioni sono dovuti a causa delle carenze riscontrate nella documentazione, nella classificazione e nel controllo della clientela, rinvenuti nell’arco temporale che va dal 2010 al 2016, mentre gli ulteriori 115 sono imputati a causa dell’inosservanza delle procedure olandesi contro i crimini finanziari.
La notizia, oltre ad avere conseguenze all’interno dei vertici del Gruppo, si è poi sparsa a macchia d’olio nel resto del Continente comportando verifiche anche in altri Paesi, compresa l’Italia dove da Marzo è stata resa nota un’indagine sul gruppo proprio per riciclaggio. Nello stesso periodo, pochi giorni prima della divulgazione della notizia dai PM milanesi, la stessa Banca d’Italia, aveva vietato a Ing Italia di aprire nuovi conti rispetto agli 1,33 milioni già esistenti a causa di riscontri fraudolenti su conti online. Di risposta, la banca ha reso noto di essersi già impegnata a rafforzare il sistema di controlli con l’obiettivo di realizzare rapidamente un piano che elimini le criticità del servizio in Italia.
Nonostante tutti questi esempi, e nonostante le nuove direttive europee PSD 2, per disciplinare l’accesso ai conti correnti da parte di terzi, Gdpr, che ha l’obiettivo di preservarne gli altri aspetti della privacy, e la Aml, ovvero l’Anti Money Laundering, la frequenza delle sanzioni sembra rendere palese la mole di omissioni ancora presenti nel sistema che agevolano condotte fraudolente ripetute.