(Teleborsa) – Non solo le famiglie italiane ma anche i turisti pagano un conto salato al fisco, in questo caso quello locale, giacché la reintroduzione dell‘imposta di soggiorno va a beneficio delle casse comunali.
A quasi dieci anni dalla reintroduzione del tributo sono oltre mille i comuni italiani che applicano un’imposta sul turismo, che sia la tassa di soggiorno (997) o la tassa di sbarco (23). Benché i comuni che la applicano rappresentino solo il 13% dei 7.915 municipi italiani, quelli che hanno introdotto questo tributo ospitano almeno il 75% dei pernottamenti registrati ogni anno in Italia. E fra queste le grandi città d’arte che sono numericamente poche (appena un centinaio), ma muovono grandi numeri in termini di presenze.
Ed il gettito nel 2019 “si avvia a doppiare la boa dei 600 milioni di euro”, denuncia il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, che commenta i dati con accento critico, anche riguardo la destinazione di questo extra gettito che spesso non è di “scopo”, cioè non viene impiegato a favore di attività per incentivare il turismo, come molti sostengono.
Federalberghi si scaglia anche contro il business degli affitti brevi ed in particolare Aibnb che – si sottolinea – assolve l’obbligo di riscuotere l’imposta solo in 18 comuni su 997 e con molti di questi ha istituito un regime forfettario. “Non è tollerabile il far west nel settore delle locazioni brevi”, afferma Bocca.