(Teleborsa) – Il calo demografico rappresenta per la scuola un’opportunità da cogliere. Lo sostiene l’Anief, che di recente ha ricordato il decremento medio di 70 mila alunni l’anno. Si fanno sempre meno figli. E sempre meno se ne faranno, anche tra gli stranieri che negli ultimi decenni avevano “tamponato” la situazione. Secondo le proiezioni demografiche di Eurostat, rielaborate dalla Fondazione Agnelli, fatto 100 il numero di studenti italiani tra i 6 e i 16 anni nel 2015, si prevede che nel 2030 scenderanno a 85 (mentre i coetanei svedesi saliranno a 125, quelli tedeschi e inglesi a 109).
Quali conseguenze avrà tutto questo per la scuola: “Alle culle vuote di ieri e di oggi, corrispondono i banchi vuoti di oggi e di domani”, Così, “nel 2030 avrà un milione e 300mila studenti in meno”.
Secondo l’Anief, il calo di iscrizioni non deve incidere assolutamente negli organici: questi vanno non solo mantenuti, ma in alcune circostanze maggiorati. Prima di tutto assorbendo nei ruoli tutto il precariato storico, fatto di personale già selezionato e con comprovate capacità d’insegnamento. Poi puntando su un’Istruzione di qualità, anche valorizzando docenti e Ata con stipendi finalmente adeguati al prestigioso ruolo che ricoprono.
Marcello Pacifico, presidente nazionale del sindacato: “Sulla scuola, per i nostri nuovi governanti c’è solo da scegliere tra la tentazione di fare ancora una volta cassa, come del resto giù previsto dall’ultimo Documento di economia a finanza, che ha fissato riduzioni progressive di spesa pubblica fino al 2040, approfittando proprio del calo delle nascite: in questo modo, si procederebbe a tagliare classi, scuole, organici e risorse da riversare agli istituti scolastici, introducendo un progressivo dimensionamento, come quello avviato dall’ultimo governo Berlusconi, in quel caso creando classi pollaio, riducendo tempo scuola e compresenze con la denatalità che era ancora agli inizi. L’altra strada da percorrere è quella che indichiamo noi: approfittare di questa situazione per puntare dritto a una scuola di qualità, fatta di non più di 20 alunni per classe, di organici potenziati nelle aree a rischio, introducendo una didattica per livelli con più docenti impegnati in contemporanea, il riammodernamento delle strutture, stipendi adeguati e la cancellazione di tutte le diversità di trattamento del personale precario”.