(Teleborsa) –
Pioggia di no sulla proposta del governo (targata M5S) per il salario minimo. Il tema è ritornato al centro dell’agenda politica anche per le dichiarazioni della candidata alla presidenza UE Ursula von der Leyen e potrebbe vedere un accordo tra Lega e il movimento di Luigi Di Maio, tra il malcontento delle associazioni di categoria.
“Ribadiamo la nostra forte contrarietà alla regolamentazione per legge del salario minimo: la contrattazione collettiva garantisce già condizioni e strumenti per sostenere i redditi e individuare modalità per migliorare la produttività”, è stato il commento di Rete Imprese Italia.
“Quello che bisogna evitare – continua il comunicato – è invece la proliferazione di ‘contratti pirata’ sottoscritti da organizzazioni prive di rappresentatività che generano dumping salariale e determinano l’applicazione di trattamenti economici non congrui rispetto a quelli dei contratti collettivi stipulati da chi realmente rappresenta il mondo delle imprese e del lavoro”.
Secondo l’associazione che riunisce Casartigiani, CNA, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti, “andrebbe dato valore legale ai minimi contrattuali stabiliti dai contratti collettivi sottoscritti dai soggetti comparativamente più rappresentativi e, insieme, andrebbe resa più incisiva la vigilanza degli organi ispettivi”.
Vero punto di svolta per l’associazione sarebbe “la riduzione della pressione fiscale – ferme restando la necessaria attenzione agli andamenti della finanza pubblica e la prosecuzione dell’azione di contrasto e recupero dell’evasione e dell’elusione fiscale – per rendere più pesanti le buste paga dei lavoratori e per dare impulso ai consumi delle famiglie ed agli investimenti delle imprese”.
“La fissazione ex lege del salario – conclude Rete Imprese Italia – sminuirebbe, invece, il ruolo svolto dalla contrattazione collettiva per la individuazione di trattamenti economici congrui e coerenti e rischierebbe di colpire anche tutele collettive e sistemi di welfare integrativi”.
Il salario orario minimo incassa il no anche dei Giovani Imprenditori di Confindustria. “Sui 9 euro, gran parte dei contratti collettivi nazionali firmati è oltre questa cifra esclusi tredicesima, quattordicesima e così via”, ha ricordato il presidente dei Giovani Industriali, Alessio Rossi, a margine del Fed (Forum dell’economia digitale) a Milano.
Anche per Rossi, il vero tema è “cercare di dare una busta paga maggiore ai dipendenti, e quello si può fare tagliando il cuneo fiscale, magari anche con un taglio selettivo, dando il vantaggio ai collaboratori, mettendo più soldi netti in busta paga. Questo l’abbiamo chiesto da sempre, invece con il salario minimo verrebbero colpite le associazioni che fanno contratti in dumping”.
“Il salario minimo legale da solo non basta, certo può essere utile in alcuni Paesi dove non esiste il contratto collettivo per tirare fuori le persone dalla povertà, ma non serve a ricostruire una classe media nel nostro continente, unico strumento per rilanciare l’economia”, gli fa eco da Roma il segretario generale della Ces (la confederazione europea dei sindacati), Luca Visentini, concludendo la conferenza nazionale organizzativa della Cisl.
Per Visentini è necessario “rilanciare la crescita dei salari e investire oggi più di sempre nella contrattazione collettiva, che deve essere la priorità assoluta del sindacato europeo nei prossimi due anni: noi vogliamo che ridiventi l’elemento centrale di regolazione del lavoro e dello stato sociale nel nostro continente”, ha concluso invocando una direttiva europea sul tema.