(Teleborsa) – I porti italiani sono fanalino di coda dell’UE: negli ultimi 10 anni, infatti, mentre gli altri porti del Mar Mediterraneo “rosicchiavano” a quelli del Nord Europa circa il 7% delle quote di mercato continentale, il sistema italiano ne perdeva il 2%.
È quanto emerge dal Rapporto Isfort presentato al 5° Forum Internazionale dei Trasporti di Conftrasporto-Confcommercio, che descrive un’Italia in netta controtendenza rispetto al complesso della portualità mediterranea.
Guardando al canale di Suez, tra il 2011 e il 2018 le tonnellate di merce in transito sono aumentate del 42%, ma i porti italiani hanno fatto registrare solo un 2% in più. Anche sul fronte dei container, tra il 2005 e il 2017, la crescita del traffico degli scali di tutto il Mediterraneo è stata del 46%, mentre quella del sistema portuale italiano solo della metà (23%).
L’Italia non coglie la crescita in atto nei mari perché è disconnessa al suo interno e verso il resto del mondo. La scarsa accessibilità impedisce alle merci di raggiungere rapidamente i luoghi di destinazione e frena quel processo di intermodalità che consentirebbe, con quella dei trasporti, la ripresa economica. A questo si aggiunge una lentezza ormai cronica nella realizzazione di alcune riforme, ad esempio quella relativa alle Zone Economiche Speciali (ZES), ed i cantieri bloccati e progetti nel limbo, che ci classificano come il Paese delle opere incompiute, con questioni in sospeso anche all’interno degli stessi porti. Senza parlare
Sbloccando i cantieri e accelerando sul digitale potremmo sciogliere gli ormeggi puntando dritti alla crescita. Basterebbe poco: se il traffico portuale italiano crescesse anche solo del 5%, come ha già fatto quello spagnolo, genererebbe 775 milioni di valore aggiunto e circa 7600 posti di lavoro, con un incremento del fatturato del complesso delle attività economiche che gravano attorno al porto (logistica portuale, logistica terrestre e cluster marittimo) di oltre 2 miliardi.
Di qui una ricetta in 9 punti per far salpare i porti italiani: Chiudere il contenzioso con l’Europa sulla tassazione delle Autorità di Sistema Portuale; Sostenere la capacità dei porti nazionali di integrarsi con più efficacia nei traffici internazionali; Rilanciare le zone economiche speciali (ZES); Avviare una nuova politica del lavoro portuale; Promuovere un piano sull’impatto dell’innalzamento dei mari e programmare un piano di interventi nell’ambito del Green New Deal; Dare piena e uniforme applicazione all’esenzione dalla tassazione IMU; Varare un Piano di incremento della “informatizzazione dei porti” ; Promuovere l’ elettrificazione delle banchine; Estendere la durata massima consentita per le attività di carico, scarico, trasbordo e sosta tecnica dei rifiuti all’interno dei porti, interporti, scali ferroviari e terminal merci.