(Teleborsa) – E’ di nuovo botta e risposta sulle cause che avrebbero portato al crollo del Ponte Morandi di Genova il 14 agosto 2019, laddove i periti nominati dal Tribunale imputano le cause alle corrosioni rinvenute sui reperti analizzati, mentre Autostrade per l’Italia contesta questa conclusione, affermando che sinora non è stata rinvenuta alcuna prova che potesse mettere in discussione la tenuta statica del Ponte.
“Difetti esecutivi” e “mancanza di interventi di manutenzione significativi” sarebbero alla base del crollo, stando alle conclusioni dei periti nominati dal gip Angela Nutini, nella relazione al secondo quesito del primo incidente probatorio relativo al crollo del ponte. Per giungere a questa conclusione, i periti hanno analizzato i reperti ed effettuato carotaggi sia sulla parte del ponte crollata (pila 9) sia sulle parti rimaste in piedi. Ed in base alla loro valutazione, sarebbero state rinvenute nei trefoli, ovvero nei tiranti in acciaio presenti nella struttura del ponte, diverse parti corrose dal tempo, dall’umidità e dalla presenza di elementi corrosivi, in particolare sul reperto 132, rappresentato dall’ancoraggio dei tiranti sulle sommità delle antenne lato Sud, considerata dagli inquirenti la prova “regina”, perché sarebbe il punto che si è staccato prima. In base alle loro valutazioni, il 68% dei trefoli del gruppo primario e l’85% di quelli più esterni avrebbe presentato una riduzione della sezione fra il 50% ed il 100%.
Una conclusione fortemente contestata dai tecnici di Autostrade per l’Italia. La società con una nota ha infatti precisato che “le percentuali di corrosione riportate nella tabella della perizia confermano in realtà che la capacità portante degli stralli era ampiamente garantita, come hanno dimostrato anche i risultati delle analisi compiute dal laboratorio EMPA di Zurigo e dall’Università di Pisa. Quindi, l’eventuale presenza di una percentuale ridottissima di trefoli corrosi fino al 100% non può in alcun modo aver avuto effetti sulla tenuta complessiva del Ponte”.
Infine, i periti di ASPI fanno notare come tutte le ipotesi sul crollo del Ponte o le presunte “prove regine”, emerse nel corso degli ultimi mesi, non abbiano trovato finora nessuna corrispondenza oggettiva nelle analisi e nelle evidenze disponibili, finendo via via per essere smentite dai dati oggettivi.
“Da ultima anche questa relazione dei periti del GIP – sottolinea la nota AsPI – nonostante evidenzi difetti costruttivi e condizioni di degrado compatibili con l’età dell’opera, viene letta in queste ore enfatizzando solo alcuni aspetti di degrado che non possono avere alcun nesso causale con il crollo del Ponte”.