(Teleborsa) – Nella due giorni tenutasi il primo e il 2 luglio scorso, l’Opec+ ha deciso di prorogare l’accordo di riduzione della produzione fino a marzo 2020. La scelta è stata figlia dell’indebolimento delle prospettive sulla domanda petrolifera che, insieme ad una sempre maggiore crescita della produzione di greggio da parte degli Usa, hanno portano il gruppo a dover tutelare l’equilibrio del mercato evitando una contrazione dei prezzi.
Questa mossa comporta però una perdita consapevole di quote di mercato che favoriscono l’antagonista americano, spiega Koen Straetmans, Senior Strategist Multi Asset di NN Investment Partners (NN IP). Nel breve termine, anche se i rischi geopolitici risultano ancora un’incognita avversa di primo rilievo, la direzione intrapresa dall’Opec+, combinata alla maggiore domanda stagionale delle raffinerie, dovrebbe portare però ad utilizzare le scorte petroliferi globali.
Insieme alle raffinerie, a sorreggere la domanda dovrebbero fare al propria parte anche le nuove regole dell’Organizzazione Marittima Internazionale per le emissioni nelle acque internazionali cosicché il gruppo possa essere traghettato al primo trimestre del 2020 pronto a compensare la ridotta domanda stagionale da parte delle raffinerie.
Da questo momento in poi però potrebbe iniziare a farsi sentire sui prezzi, l’influsso negativo portato dalla debolezza della domanda di petrolio.
A questo proposito, essenziale sarà il ruolo interpretato dalla Cina e dai principali mercati emergenti all’inizio dell’anno prossimo. Su questo fronte si tiene quindi la lente puntata sull’evolversi delle tensioni commerciali tra Pechino e Washington, in grado di spostare l’asticella dei risultati prossimi.
In tutto questo contesto in divenire nel frattempo rimane stabile la produzione statunitense con costi di produzione in calo. Tale aspetto di rilievo porta così ad ipotizzare un mantenimento della situazione attuale nel futuro breve e un miglioramento della quota di mercato a stelle e strisce.
Al momento si attesta a 58,46 dollari in crescita dell’1,88% mentre il contratto sul statunitense vive un rialzo del 2,59% a 53,9 dollari.