(Teleborsa) – “Mettersi in proprio”: quando si tratta di lavoro, specie con lo zampino della crisi, sono in tanti a optare per questa soluzione. Con oltre 5 milioni di lavoratori autonomi, l’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di occupati in proprio. L’incidenza sul totale degli occupati è la più alta anche tra i giovani: su poco più di 4 milioni di occupati tra i 25 e i 34 anni il 16,3% svolge un lavoro autonomo contro una media UE del 9,4%. E’ quanto emerge da un’analisi della fondazione studi consulenti del lavoro.
Una platea di lavoratori che è mediamente più istruita dei dipendenti, specie tra i più giovani (il 37,2% degli autonomi è laureato rispetto al 27,9% dei dipendenti), e molto presente nel settore terziario, da sempre motore dell’economia del Paese. Ma non solo. Dallo studio emerge inoltre che circa la metà degli occupati indipendenti in Italia e’ collocata al vertice della piramide professionale: il 12,3% manager o titolari di aziende, il 20,4% professionisti ad alta qualificazione e il 17,1% figure tecniche. Eppure la propensione a mettersi in proprio si riduce sempre di più.
Tra il 2009 e il 2018, complici il calo demografico e le maggiori difficoltà di accesso al mercato del lavoro, gli autonomi sono diminuiti del 5,14%. Le conseguenze sulla tenuta del sistema economico sono facilmente prevedibili se si considera che ad oggi professionisti, imprenditori e artigiani, ma anche consulenti e freelance, rider e lavoratori della gig economy costituiscono un universo ampio e estremamente articolato che contribuisce al 21,7% dell’occupazione del nostro Paese (a fronte di una media europea del 14,3%).
PUNTO SU DI ME – Eppure continuano a mancare interventi sufficienti a sostegno dei tanti lavoratori autonomi italiani. Nonostante ciò in tanti decidono di “mettersi in proprio”. Alla base di questa decisione, nel 39% dei casi, c’è l'”opportunità di fare business”, mentre nel 24,2% la volontà di mantenere “in vita” l’attività di famiglia.