(Teleborsa) – Infrastrutture, investimenti reali nella crescita e nella riduzione del debito, opportunità vere per i giovani. Sono questi alcuni dei temi toccati da Alessio Rossi, presidente dei giovani di Confindustria, nel suo intervento al meeting di Rapallo.
Il primo passo per Rossi è far sì che imprese e investitori “possano ricominciare a credere nel nostro Paese”, anche perché “gli italiani non hanno bisogno di uomini forti, ma di istituzioni forti nelle quali avere fiducia. Ci servono confronti, non balconi”, ha dichiarato rivolgendosi al governo.
“La semplificazione è l’ovvio dei popoli: quando il mondo si fa complesso ci vuole una politica che lo sappia interpretare, non minimizzare”, ha ricordato il leader degli under 40 di Confindustria, precisando che “non è un’accusa, ma un monito” a chi governa.
Per i giovani imprenditori i temi da affrontare subito sono quattro: “Crescita zero, produzione industriale in calo, investimenti e lavoro“.
A ciò si aggiunge quello che dovrebbe essere un “chiodo fisso” per l’Italia: “dimostrare affidabilità ed essere credibile perché, in caso di apertura della procedura di infrazione potrebbe finire in panchina. O si accetta il dialogo con l’Unione europea e i suoi ‘numerini’ oppure si paga il prezzo delle conseguenze“.
Tema chiave è quello del debito. “La raccomandazione recapitata all’Italia infrange l’illusione di continuare a fare deficit senza guardare alle conseguenze”, ha ricordato Rossi che chiede collaborazione con l’Europa, non isolamento. “In attesa del miracolo dell’autocorrezione – come dichiarato dal premier Giuseppe Conte – temiamo invece l’autoscontro se non prendiamo la situazione sul serio. Non sappiamo se la procedura sarà approvata – ha aggiunto – ma ci è chiaro che già da oggi è una fumata nera per gli investitori”.
“Se c’è una cosa che unisce gli italiani, oltre alla bandiera, purtroppo è il debito pubblico”, prosegue Rossi che ricorda come “oggi ogni millennial porta 55mila euro di debito pubblico sulle spalle“.
I giovani di Confindustria bocciano anche la soluzione dei minibot. “Usarli per il debito è come provarci coi soldi del monopoli. Ormai i nostri conti pubblici sono ufficialmente sotto la vigilanza europea e insieme con la flessibilità economica è finita anche la nostra pazienza”.
A preoccupare gli industriali under 40 sono anche i 23 miliardi di euro necessari per disinnescare le clausole di salvaguardia. “Se scattano – ha ricordato Rossi – aumentano Iva e accise. Per non farle scattare i 23 miliardi vanno trovati in altro modo. Ma questo non deve intervenire sul deficit”.
“Quota 100 ci sta tornando indietro come un boomerang, mentre la flat tax e reddito di cittadinanza sono fatte a debito – ha aggiunto in merito ai provvedimenti del governo – Riparliamone quando si potranno fare senza sfondare i conti pubblici. Intanto abbassiamo subito il cuneo fiscale perché mette più soldi in tasca ai lavoratori e fa ripartire lo sviluppo”.
“Alcuni penseranno che sia tutta colpa del reddito di cittadinanza, altri che la colpa sia di Quota 100 e altri ancora che sia tutta colpa
dello spread. Giusto o no non c’è più tempo per rivendicare ragioni e sottolineare torti“, chiede il leader dei giovani industriali che ricorda come il debito “in passato non lo ha abbassato né la destra né la sinistra ma semmai gli imprenditori con le quote di surplus commerciale”
“Noi crediamo nell’Italia che collega con le grandi opere, non che divide con le grandi chiacchiere”, ha poi dichiarato in merito alla necessità di “un new deal infrastrutturale. Vogliamo le grandi opere, le infrastrutture strategiche, il 5G, le vie della globalizzazione. Non possiamo discutere in continuazione se la Tav la vogliamo o no, se vogliamo stare nella Nato, se la Tap fa male agli ulivo o fa bene all’Italia”.
In merito alla fusione FCA-Renault, Rossi ha dichiarato che “avrebbe dato vita a un campione europeo e mondiale dell’automotive”, ricordando che le imprese “non si devono difendere da queste operazioni, ma dalla concorrenza sleale e dalla guerra commerciale”.
Rossi ha poi ironizzato su alcune misure del governo, definendo per esempio il decreto crescita “decreto dita incrociate’. Eppure se c’è un obiettivo su cui tutti concordano è proprio la crescita”, ha aggiunto, spiegando di “non aver trovato nel testo lo slancio che avrebbe dovuto avere. E se non c’è nel testo figuriamoci nei fatti”.