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FMI: “Dazi USA minacciano il commercio globale”

(Teleborsa) – Il Fondo Monetario Internazionale mette in allerta gli Stati Uniti e chiede di intervenire il prima possibile per risolvere le tensioni con la Cina, per non mettere in crisi il commercio globale.

Sono le conclusioni dell’analisi annuale dell’economia statunitense, il cosiddetto Articolo IV. In particolare, secondo il rapporto dell’FMI, il debito pubblico statunitense, pari al 107% del PIL, “si trova su una strada insostenibile”, come ha dimostrato anche il cosiddetto shutdown che ha paralizzato il governo federale tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019.

Nel dettaglio, quel momento ha messo in mostra “le disfunzioni implicite nel processo che porta alla definizione del budget statunitense”. L’incertezza che ne deriva “non fa bene all’economia Usa e ha effetti negativi sul resto dell’economia globale”. Per questo, “sarà importante trovare meccanismi istituzionali per evitare autolesionismi di questo tipo”.

A rendere più incerto il quadro è anche la politica dei dazi voluta dall’amministrazione Trump che, secondo l’FMI, “stanno minacciando il sistema commerciale globale, aumentando le restrizioni sul commercio di beni e servizi e innescando un ciclo di reazioni commerciali di ritorsione”.

Da qui il richiamo a risolvere rapidamente le tensioni tra USA e Cina “attraverso un accordo completo che rafforzi il sistema internazionale” e non attraverso un’intesa per ridurre il deficit commerciale tra i due Paesi, come vorrebbe Trump. Per far funzionare l’economia globale, il Fondo ha ricordato che deve esserci “un sistema commerciale internazionale più aperto, più stabile, più trasparente e fondato sulle regole”.

A beneficiarne sarebbero anche gli Stati Uniti, ricorda l’istituto di Washington, nel sottolineare che”un peggioramento delle dispute commerciali in corso o un improvviso ribaltamento delle recenti condizioni favorevoli dei mercati finanziari rappresentano rischi notevoli per l’economia statunitense“.

L’FMI si aspetta una frenata nella crescita dell’economia a stelle e strisce, prevista al 2,6% nel 2019, con un calo intorno al 2% nel 2020, quando “finiranno gli stimoli fiscali”, anche perché, se è vero che gli States hanno vissuto “l’espansione più lunga della loro storia” con la ripresa del 2009, è altrettanto vero che “i benefici di questa espansione decennale non sono stati ampiamente condivisi“.

Se infatti “il PIL pro-capite è ai massimi“, il Fondo ricorda che “altri indicatori sociali mostrano un quadro meno positivo: l’aspettativa di vita “ben al di sotto” di quella di altri Paesi del G7; il reddito medio di una famiglia americana al netto dell’inflazione salito solo del 2,2% rispetto alla fine degli anni ’90; il tasso di povertà quasi identico a quello di prima della crisi finanziaria, con quasi 45 milioni di poveri su una popolazione di oltre 300 milioni di persone il PIL pro-capite.

Anche per questo, il Fondo plaude alla decisione della Federal Reserve di non alzare i tassi di interesse, in modo che si possa evitare la “volatilità nelle condizioni finanziarie o effetti negativi sul resto del mondo”, mentre chiede al governo “azioni su più fronti”, come potenziamento della maternità, l’aumento dei salari minimi, un ampliamento dell’assistenza sociale e sanitaria e maggiori investimenti nell’istruzione.

(Foto: © ruskpp/123RF)


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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