(Teleborsa) –
Attraverso l’analisi della percezione degli investitori a proposito del robo advice, la consulenza finanziaria dettata dagli algoritmi, l’obiettivo della ricerca è stato quello di capire se possa essere uno strumento utile a ridurre il cosiddetto advice gap, ovvero la mancanza di consulenza che riguarda proprio molti piccoli risparmiatori. Il mercato attuale – secondo quanto emerge dallo studio – è infatti caratterizzato da un’ampia fascia di investitori che non ricevono un servizio di consulenza oppure ne hanno uno molto standardizzato. In ambito domestico, ad esempio, si stima che solo il 30% degli investitori si avvalga dei consigli di un consulente finanziario dedicato, mentre circa il 40% si rivolge esclusivamente ad amici, parenti e colleghi. Il principale deterrente alla domanda di consulenza dopo la sfiducia verso gli intermediari è la convinzione che non sia necessaria perché si investono piccole somme di denaro.
Sul fronte del robot advice lo studio ha rilevato tra i risparmiatori curiosità e apertura a valutare l’innovazione e la preferenza per l’oggettività dei consigli elaborati da un algoritmo a fronte della discrezionalità della consulenza umana. Spaventa, tuttavia, la mancanza di un riferimento umano permanente e si teme per la sicurezza informatica e il trattamento di dati sensibili. L’interesse verso il robo advice, dunque – conclude lo studio – “resta ancorato alla possibilità di avere a disposizione un modello ibrido, in grado di conciliare elementi digitali e human touch”.