(Teleborsa) – Nella sua ultima audizione al Parlamento europeo il presidente uscente della BCE, Mario Draghi, ha tracciato un quadro a tinte fosche per l’Eurozona. La crescita dell’area euro “ha perso marcatamente slancio” negli ultimi mesi con le ultime statistiche che “non mostrano segnali convincenti di un rimbalzo nel breve termine”. Il PIL è ora previsto a 1,1% nel 2019, meno 0,6 punti dalle proiezioni di dicembre, e 1,2% nel 2020, meno 0,5 punti da dicembre. In questo contesto di “debolezza protratta” l’inflazione è rimasta “persistentemente sotto” il livello target del 2% fissato dalla BCE. I rischi, secondo Draghi, restano orientati al ribasso alla luce della debolezza del commercio internazionale per le incertezze legate al protezionismo.
La Banca Centrale Europea deve dunque continuare a mantenere una politica monetaria “accomodante per un prolungato periodo di tempo”, con il Consiglio pronto ad “aggiustare tutti i suoi strumenti se giustificato”.
Inoltre “i governi con spazio nei bilanci, che affrontano un rallentamento, dovrebbero agire con tempestività, e allo stesso tempo i governi con alti debiti dovrebbero perseguire politiche prudenti e rispettare gli obiettivi” Ue, ha ribadito il numero uno della BCE che si appresta a lasciare l’incarico nelle mani di Christine Lagarde a partire dal 1° novembre prossimo.