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Brexit, è già post-May: che succede ora?

(Teleborsa) – L’annuncio delle dimissioni arriva tra le lacrime e con la voce rotta di chi sa di aver fallito, nonostante i tanti tentativi, tutti a vuoto. Per l’addio alla poltrona politica più importante del Regno Unito, la May si presenta in tailleur rosso, un tono acceso, quasi “bellico”.

“Mi dimetterò come Leader del Partito conservatore il 7 giugno”: poche, commosse parole pronunciate da Downing Street dalla Premier che ha mancato l’oneroso compito di transitare il Regno Unito verso la Brexit. Per lei, leader del Partito Conservatore, il “profondo rammarico” di non aver potuto attuare la Brexit precisando che toccherà al suo successore guidare il Regno nel delicato passaggio, non prima di aver trovato in Parlamento “il necessario consenso”.

GRATA DI AVER SERVITO PAESE CHE AMO – La seconda “Lady di ferro” della storia (dopo la Thatcher) si congeda con queste parole:“Lascio l’incarico che è stato l’onore della mia vita, la seconda donna Premier, ma certamente non l’ultima. La nostra politica potrà essere in difficoltà, ma c’è così tanto di buono in questo Paese. Lascio senza alcuna malevolenza, ma con un‘enorme e durevole gratitudine per aver avuto l’opportunità di servire il paese che amo.

La data del 7 giugno, come tanti avevano anticipato, è stata scelta per far sì che la Premier possa adempiere l’ultimo compito accogliendo il Presidente statunitense Donald Trump, in visita nel Paese i primi giorni di giugno. Intanto, la corsa al successore è ufficialmente iniziata.

Il favorito alla leadership Tory è l’attivista pro-Brexit, ex ministro degli Esteri ed ex sindaco di Londra, Boris Johnson. Il 54enne, Brexiteer della prima ora, ha gettato pubblicamente la maschera, confermando di essere pronto a prendere il posto, ormai vacante, della May.

Spunta anche il nome di Dominic Raab: Segretario di Stato per l’uscita dall’Unione europea dal 9 luglio al 15 novembre 2018 quando in aperto disaccordo verso la posizione dell’esecutivo sui negoziati per la Brexit, ha rassegnato le dimissioni dichiarando di non poter appoggiare l’accordo della Premier perché il regime normativo proposto per l’Irlanda del Nord rappresentava una “minaccia molto reale” per l’integrità del Regno Unito.

Il terzo “papabile” è l’attuale Ministro degli Esteri britannico Jeremy Hunt. Durante il referendum del 2016 per lasciare la UE, ha sostenuto la campagna per la permanenza della Gran Bretagna nel Regno Unito salvo poi cambiare idea sostenendo Brexit, puntando il dito contro “l’arroganza della Commissione Europea” nel rispondere al Governo britannico durante i negoziati.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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