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ABI, l'impatto della crisi sulle banche

(Teleborsa) – Un’Italia che non riparte e dove gli investimenti e l’occupazione sono in calo. E’ questo il quadro tracciato nel corso di un seminario sul sistema bancario tenuto dall’ABI.

Secondo il generale dell’ABI, Gianfranco Torriero, dal 2007 a oggi, in Italia, c’è stato un forte calo degli investimenti stimabile in 68,6 miliardi (-17%) con una dotazione di capitale che si è ridotta di oltre 907 miliardi nell’arco del periodo.

La frenata dell’economia potrebbe avere anche conseguenze sul percorso di riduzione dei crediti deteriorati (NPL) da parte delle banche – ha aggiunto – anche se l’impatto appare limitato. Negli ultimi anni, infatti, si sono fatti molti progressi in termini di qualità dell’attivo, atteso sui livelli pre-crisi negli anni 2021-2022: il NPL ratio pari al 2,5% nel 2007 è lievitato sino al 9,6% nel 2015 per poi progressivamente ridursi sino al 3,5% previsto nel 2019 ed al 2,4% nel 2022).
Per il direttore centrale dell’ABI, Stefano Bottino, la crisi ha certamente avuto ripercussioni sull’occupazione, che si è scesa del 3,2% nel 2018 (-3,5% a parità di condizioni e perimetro). Questa dinamica è frutto della combinazione di un flusso di assunzioni pari al 2,6% (circa 7mila) e di un volume di cessazioni che si attesta pari al 6,1% (circa 16.200). Resta ferma però la caratteristica della stabilità del posto di lavoro giacché nella stragrande maggioranza dei contratti (oltre il 99%) c’è un contratto a tempo indeterminato.

Il Presidente dell’ABI, Antonio Patuelli, ha parlato invece della Manovra, ribadendo la posizione dell’Associazione Bancaria, secondo cui si sacrificano le banche, costrette – afferma – ad “un altro prestito forzoso infruttifero da 1,6 miliardi di euro”. Parlando delle commissioni bancarie e dell’ipotesi di riduzione nell’ottica di alimentare l’uso delle carte, Patuelli ha fatto presente che in Italia si attestano in media all’1,1%, inferiori alla media europea dell’1,2% e sensibilmente al di sotto di paesi come l’Olanda e la Svizzera dove si attestano all’1,6%, la Germania e la Svezia all’1,5%, il Regno Unito e la Grecia all’1,3%. L’Italia è anche il “fanalino di coda in Europa” nell’uso degli strumenti elettronici con operazioni annue pro-capite pari a 111 a fronte di una media dell’area euro più che doppia (265). Ciò a dispetto della proliferazione dei POS pari a 3,2 milioni, pari a oltre un terzo del totale dei Pos dell’intera area euro.

Il numero uno dell’ABI, recentemente confermato, ha parlato anche della “paralisi” dell’UE ai fini dello sviluppo dell’unione bancaria, nata come situazione emergenziale alla crisi economico-finanziaria, ma bisognosa di passi avanti per svilupparsi. “Se tutto il resto è paralizzato, si paralizzerà anche la crescita dell’unione bancaria”, ha affermato Patuelli.

Patuelli si è espresso anche sull’ipotesi di nuove aggregazioni bancarie, affermando che il 2020 potrebbe essere l’anno buono per veder rifiorire qualche ipotesi di fusione,grazie anche alla nuova spinta offerta dal nuovo numero uno dell’ESM, Andrea Enria.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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